Presentazione

L'Ufficio moderno, 1926-1985. Razionalizzazione, organizzazione d'azienda e tecnica pubblicitaria nelle pagine di una rivista d'avanguardia

L’Ufficio Moderno, “rivista che studia e risolve tutti i problemi aziendali”, nasce in un contesto storico, gli anni ’20 del Novecento, in cui i linguaggi della cultura aziendale, della politica e dell’arte si rinnovano arricchendosi di nuovi significati: “ufficio”, “razionalizzazione” e “pubblicità” sono alcune delle parole chiave che la mostra suggerisce per sintetizzare il cambiamento linguistico in corso in quegli anni, e il clima culturale che in esso si riflette.

La parola chiave “ufficio” evoca il titolo della ricerca di William Henry Leffingwell pubblicata nel 1917 con il titolo Scientific Office Management (Chicago - New York: A.W. Shaw Co.). Nel volume l’autore spostava il focus della teoria manageriale dalla fabbrica all’ufficio. La prima era il simbolo delle trasformazioni dell’organizzazione della produzione manifatturiera avvenute durante le ormai trascorse rivoluzioni industriali. Il secondo, invece, era lo spazio di lavoro in cui stavano sviluppandosi i presupposti della crescita dell’industria dei servizi, preludio di una nuova trasformazione strutturale dell’economia dopo quelle industriali sette-ottocentesche. Nella prospettiva dell’autore, il lavoro d’ufficio è assimilabile a una sequenza di mansioni elementari misurabili con precisione, in termini di tempi di esecuzione, svolte in serie, standardizzabili. L’ufficio “moderno” recepisce e applica i principi tayloristici dell’organizzazione scientifica del lavoro, diventando così partecipe della ricerca di incrementi di produttività non più conseguibili attraverso il solo progresso tecnologico.

P0 Pubblicità de L’Ufficio moderno. L’Ufficio moderno. Anno 3, n. 1 gen. 1928

Pubblicità de L'Ufficio moderno. Biblioteca Bocconi.

Razionalizzazione è la parola che sintetizza gli aspetti di novità della cultura aziendale degli anni ’20, un’epoca dominata dalla ossessione per la misura, la catalogazione, l’ordine, l’organizzazione. Ossessione che, nelle intenzioni del fascismo, pervade e accomuna tanto le attività della vita quotidiana quanto le espressioni della creatività, dall’architettura all’arte, dal design alla moda.

La pubblicità non fa eccezione. Tuttavia, la caratteristica che maggiormente la contraddistingue dalle altre forme di creatività è il considerevole ritardo che la separa dalle più avanzate realtà straniere. La grafica pubblicitaria italiana è ancora prevalentemente frutto del lavoro di singoli artisti. Altrove, invece, i messaggi pubblicitari sono il prodotto di complesse organizzazioni aziendali. Nello scenario italiano dell’epoca permangono inoltre due opposte modalità estetiche di concepire la grafica pubblicitaria. La prima deriva dall’Art Nouveau e dalle sue molteplici declinazioni nazionali (in Italia, lo stile Liberty). Nella seconda, la grafica pubblicitaria è rigorosa nelle linee, priva di fronzoli, presenta una spazialità ampia e profonda. Anche il linguaggio pubblicitario risente così del bi-frontismo tipico del fascismo che propone una moderna società di massa in grado di promuovere lo sviluppo economico senza mettere in discussione le più radicate e stereotipate tradizioni nazionali.

In controtendenza rispetto all’ambigua e contraddittoria convivenza di modernità e rievocazione autocelebrativa del passato, L’Ufficio Moderno opta per scelte grafiche che denotano apertura internazionale e ignorano deliberatamente gli stilemi prebellici. La pubblicità dei prodotti italiani tanto cara alla politica autarchica fascista diventa così, paradossalmente, la prova più evidente del carattere genuinamente antifascista dei fondatori e dei collaboratori della rivista L’Ufficio Moderno, una fonte storica unica, originale e accattivante per lo studio della storia della cultura aziendale e della pubblicità italiana, dei suoi committenti, dei suoi autori.