Moda forma d'arte manifesto della libertà individuale
Le sfilate milanesi si differenziavano notevolmente dalle manifestazioni romane e fiorentine del decennio precedente. Molte sfilate erano statiche, cioè senza passerelle, sarti o modelle, una formula che verrà utilizzata anche nei decenni successivi. Gli abiti erano i veri e unici protagonisti, esposti in spazi allestiti appositamente in città o presso la Fiera Campionaria.
Nell’edizione del 1977 di Milanovendemoda la sfilata di Walter Albini fa scalpore per il proprio carattere assolutamente innovativo. Albini sceglie di esporre nella galleria in Via Manzoni di Giovanni Anselmino, un giovane collezionista d’arte contemporanea che ha già ospitato mostre di importanti artisti americani (Man Ray, Andy Warhol, Christopher Makos e Allan Kaprow). La sua sfilata è statica, fatta di pannelli rivestiti di materiale plastico bianco lucido su cui sono applicate maschere ricavate da un calco del viso dello stesso Albini. Inoltre, non presenta le proprie creazioni, ma i capi prestatigli da Giorgio Armani, Basile, Fiorucci, Krizia, Missoni, Caumont, Miyake; suoi sono invece gli accessori e gli indumenti che abbina alle collezioni. L’obiettivo non è solo quello di presentare dei capi di abbigliamento corredati da accessori adeguati, ma di mostrare il modo assolutamente personale con cui egli stesso interpreta le opere degli altri stilisti.
Nel contesto degli anni ’70, il messaggio di Albini è rivoluzionario: depotenzia l’alta moda nella sua funzione di incontrastata trend setter e, al contempo, indica al consumatore una via di uscita dall’omologazione dei gusti imposta dalla produzione di massa. Espressione della libertà di scelta, la moda è così esercizio della democrazia e strumento di educazione ai valori democratici.