Letteratura italiana e relazioni
Tra le numerose testimonianze materiali che compongono l’eredità culturale di Angelo Sraffa, i volumi della sua biblioteca personale restituiscono un’immagine vivida delle sue relazioni con il mondo letterario e intellettuale italiano del primo Novecento. Le dediche autografe su molte di queste opere ne rivelano il fitto intreccio di amicizie, scambi e frequentazioni.
Uno dei rapporti più documentati è quello con Giuseppe Antonio Borgese, collaboratore di importanti riviste e professore universitario. Le cinque dediche ritrovate – tra cui quelle nei volumi La città sconosciuta (1924) e Le belle (1927) – evocano una consuetudine affettuosa che risale agli anni milanesi, prima della partenza dello scrittore per gli Stati Uniti nel 1931. Anche la moglie di Borgese, Maria Freschi, autrice del romanzo La contessa Lara, si rivolge affettuosamente Sraffa, segno di un rapporto familiare più che professionale.
Spicca per intensità anche la dedica di Margherita Sarfatti, giornalista, critica d'arte, intellettuale e figura influente nella cultura italiana tra le due guerre, la quale in Il palazzone (1929) si rivolge a Sraffa come “lettore e bibliofilo impeccabile”. La loro affinità nasce probabilmente da un comune retroterra sociale e culturale: entrambi appartenevano infatti all’élite ebraica borghese del Nord Italia.
Un’altra dedica testimonia l’amicizia tra Sraffa e Ugo Ojetti, all'interno del libro Cose viste. Ojetti condivise con Sraffa l’impegno nel consiglio direttivo dell’Istituto Treccani, luogo di elaborazione culturale e progetto nazionale.
Completano questo panorama dediche di altri protagonisti della cultura italiana del tempo: dal filologo Ettore Bignone, al verista Bruno Cicognani, fino a figure come Alfredo Panzini, Marino Moretti, Ettore Romagnoli, Mario Fubini e Giusto Calvi. Nel caso di Raffaello Piccoli, la dedica si rivolge anche a Piero Sraffa, figlio di Angelo, a testimonianza della continuità familiare di legami intellettuali.